Edificato presumibilmente tra il XII ed il XIV secolo il convento dei Padri Domenicani, prima per la sua particolare posizione lungo importanti strade di comunicazione, poi per la sua prossimità al palazzo ducale, (la famiglia Caracciolo ne utilizzò l’annessa chiesa di Santa Maria delle Grazie, come cappella gentilizia e luogo di sepoltura), ha avuto, e tutt’ora conserva, una sua preminente funzione all’interno del centro storico di Atripalda. Tra il XVII ed il XIX sec., nella piazza antistante furono tenuti pubblici parlamenti, sicuramente documentati alla fine del ‘700.
Dopo l’eversione della feudalità e la confisca dei beni ecclesiastici, nel 1809, il convento fu ceduto all’Università di Atripalda, che, per alcuni anni, lo adibì a ricovero di truppe di passaggio, carcere mandamentale, sede civica ed infine scuola, funzioni che negli ultimi due secoli si sono sovrapposte più volte, fino al 1980.
Oggetto di continui interventi di sistemazione tra Otto e Novecento, e parzialmente crollato in seguito al terremoto del 23 novembre 1980, l’edificio ospita oggi gli uffici municipali, dopo un radicale intervento di ricostruzione che ne ha preservato la facciata ed alcuni significativi elementi architettonici, come una splendida cappella tardo rinascimentale ed una scalinata di pietra.
La chiesa di S. Maria delle Grazie, a tre navate, ha una linea sobria ed elegante e presenta interessanti decorazioni barocche. Sulla parte destra del transetto è collocata la tomba rinascimentale di pregevole fattura di Lucrezia Caracciolo, figlia di Domizio, il primo duca di Atripalda, del 1577, sulla sinistra dell’abside si erge una imponente e severa torre campanaria (XV-XVI sec).
La cappella della Confraternita di Santa Maria delle Grazie si colloca all’interno dell’ex convento dei Padri Domenicani, sul lato corto a sud del chiostro prospicente lo scalone di accesso al primo piano un tempo sede delle celle dei frati.
La Cappella era l’ambiente dove i frati si riunivano per eleggere il Priore e per deliberare gli affari della comunità in base alla Regola e veniva utilizzata anche dai confrati per riunirsi ed aiutarsi mutuamente con le preghiere, con i consigli e con opere particolari di pietà e di carità soccorrendo i confratelli infermi, i poveri e provvedendo con suffragi ai funerali dei confratelli defunti.
La Cappella a pianta rettangolare ha una dimensione di 7,50 x 6,50 m. ed è posizionata a 1,15m. di altezza rispetto al piano del calpestio del chiostro, alla quale si accede tramite un portale in pietra arenaria grigia.
Dalla lettura della pianta della chiesa e del convento, si evince che la Cappella era delimitata sul lato lungo di destra dal refettorio e dalla cucina, mentre sul lato lungo di sinistra vi era l’ingresso per l’accesso in sagrestia dal chiostro.
Il ciclo di affreschi che si ammirano nella Cappella vuole esaltare le gesta ed il potere dei committenti: la famiglia Caracciolo, feudatari di Atripalda dal 1564. Infatti nella famosa battaglia di Lepanto che vide schierata la flotta cristiana contro quella turca, si distinsero per il loro spirito di indomiti guerrieri, tra gli altri, Domiziano Caracciolo duca di Atripalda e suo figlio Marino.
Il ciclo ha anche la funzione di esaltare l’Ordine Domenicano come strumento indispensabile della Chiesa nel condurre alla salvezza l’uomo, attraverso la propria dottrina e l’indomita lotta all’eresia.
Santa Maria delle Grazie di Atripalda da Convento e Palazzo di Città (a cura di Giuseppe Muollo)
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